29 Mag Cervelli in fuga, il rapporto 2021 della Corte dei Conti
(di Matteo Montagner, membro del Direttivo di InPatto)
Negli ultimi anni in Italia al preoccupante progressivo calo delle nascite, il cosiddetto “inverno demografico”, si sta sommando un pericoloso rischio di “inverno cognitivo”.
In tal senso il Rapporto 2021 della Corte dei Conti sulla salute del sistema universitario italiano riporta un giudizio nettamente negativo della situazione in quanto certifica che i giovani talenti italiani sempre più spesso si trasferiscono all’estero. Vi è una fuga continua di giovani laureati, in particolare scienziati e ricercatori, che in otto anni (dal 2013 al 2021) è aumentata del 41,8% per ragioni di lavoro.
Il rapporto evidenzia che si tratta soprattutto di giovani laureati nella fascia di età tra 25 e 34 anni.
Anche se il nostro Paese ha visto negli anni un progressivo aumento del numero di laureati, infatti per tale fascia di età nel 2019 il 34% delle ragazze e il 22% dei ragazzi era in possesso di un diploma di laurea, risulta tuttavia che l’Italia sia ancora molto indietro rispetto agli altri Paesi Ocse (la media Ocse è del 51% per le donne e del 39% per gli uomini). E’ un fenomeno questo riconducibile alle persistenti difficoltà di entrata nel mercato del lavoro in quanto il possesso della laurea non offre, come invece avviene in area Ocse, possibilità d’impiego maggiori rispetto a quelle di chi ha un livello di istruzione inferiore (solo il 68% dei laureati italiani ha un lavoro contro la media Ocse dell’85%).
E proprio per via delle limitate prospettive occupazionali, correlate a una remunerazione non adeguata che un sempre maggior numero di laureati, ma non solo, lasciano l’Italia cercando fortuna all’estero.
In proposito porto ad esempio un amico che a 35 anni ora fa il Chirurgo negli Stati Uniti dove opera al fianco di grandi professionisti e guadagna in un mese quello che molti colleghi in Italia guadagnano in un anno.
I giovani laureati, nella gran parte dei casi, sanno di dover lasciare l’Italia per confidare in un futuro lavorativo quantomeno dignitoso. La conclusione è che, con il passare degli anni, la tendenza dei neolaureati a lasciare l’Italia per la prospettiva di un futuro migliore altrove cresce in modo costante e va di pari passo con il fenomeno degli studenti che preferiscono non portare a compimento i propri studi universitari per via delle scarse possibilità di un lavoro adeguato nel nostro Paese.
Si tratta oltretutto di una costante emorragia di risorse oltre che umane anche in termini economici in quanto il sistema Paese, ma soprattutto le famiglie, hanno investito ingenti risorse finanziarie a cui, soprattutto le famiglie meno abbienti, non sempre sono in grado di fare fronte.
Uno studio di Confindustria stima che una famiglia spende 165mila euro per crescere ed educare un figlio fino ai 25 anni, mentre lo Stato ne spende 100mila in Scuola e Università.
La Corte dei Conti al riguardo ha analizzato le ragioni del mancato accesso o dell’abbandono dell’istruzione universitaria dei giovani provenienti da famiglie con redditi bassi collegando il problema non solo a fattori culturali e sociali, ma anche al fatto che la spesa per gli studi terziari, caratterizzata da tasse di iscrizione più elevate rispetto a molti altri Paesi europei, grava quasi per intero sulle famiglie, vista la carenza delle forme di esonero dalle tasse o di prestiti o, comunque, di aiuto economico per gli studenti meritevoli meno abbienti. Il rapporto conclude dunque che a questo punto diventa necessario un aggiornamento dell’attuale normativa per dare piena attuazione alla disciplina del Diritto allo Studio con la definizione dei livelli essenziali delle prestazioni e l’attivazione degli strumenti per l’incentivazione e la valorizzazione del merito studentesco.
La Corte dei Conti ha inoltre evidenziato la carenza di laureati in discipline scientifiche (scienze, tecnologia, ingegneria e matematica) e come questo incida negativamente sul tasso di occupazione, che è anche il risultato delle importanti criticità nell’ambito della ricerca scientifica in Italia a causa di investimenti pubblici al di sotto della media europea e di un’eccessiva complessità sul fronte della programmazione e dell’esecuzione.
Il Rapporto in conclusione riporta un giudizio molto negativo sui programmi di Istruzione e Formazione Professionale, che non sono ancora sufficientemente sviluppati, così come sulle Lauree Professionalizzanti in edilizia e ambiente, energia, trasporti e ingegneria.
Se a queste carenze strutturali si aggiunge il costante aumento dell’emorragia di “cervelli in fuga” in futuro si palesa un pericoloso “inverno cognitivo” che andrà a sommarsi al costante calo delle nascite il cosiddetto “inverno demografico”.
La questione, si badi bene, non è tanto che i nostri giovani vadano all’estero, questo potrebbe anzi essere anche un fattore positivo in termini di esperienza e di internazionalizzazione delle professioni, il problema è che si tratta il più delle volte di viaggi di sola andata, quindi non esperienze all’estero transitorie per poi far valere la professionalità e le competenze acquisite all’estero nel tessuto imprenditoriale ed economico italiano, ma un addio senza ritorno.
La conclusione è che non siamo attrattivi come Paese, infatti non c’è reciprocità in questo senso neppure con gli altri Paesi Europei, quindi cediamo conoscenze, saperi ed energie forti e vitali a discapito di nessun ricambio generazionale.
Pertanto urgono azioni incisive sulla questione e la politica deve farsi carico tempestivamente del problema. In proposito la Commissione Cultura di Montecitorio ha dato il via libera alla Proposta di Legge sul reclutamento dei ricercatori nelle Università e negli Enti di Ricerca, un primo passo, sia pure con un provvedimento solo settoriale per quanto importante per la Ricerca, verso la soluzione di un problema più complesso che andrebbe affrontato in termini generali e sistematici poiché investe aspetti occupazionali, sociali, demografici e formativi che impattano sul tessuto sociale del Paese.