04 Apr LA CASCATA DI SAN RAFAEL
Ok, l’Ecuador non è in testa alle destinazioni turistiche del Sudamerica. E tuttavia aveva, fino a poche settimane fa la sua “Cascata delle Marmore”. Aveva, perché ora la cascata di San Rafael, la più alta del Paese, si è prosciugata, a causa di una voragine apertasi sotto il letto del fiume che l’alimentava. E così quella che, con i suoi oltre 150 metri di altezza, era una nota attrazione turistica (decine di migliaia i visitatori ogni anno) è destinata a passare nel libro dei ricordi. Per vederla, d’ora in poi, rimarranno solo le immagini sul Web. Che però – mai – ci potranno restituire il boato dell’acqua che cade né ridare la frescura che milioni di goccioline procuravano ai visitatori.
Gli esperti stanno ancora discutendo sulle ragioni del disastro. C’è chi insiste sul fatto che quella è una zona sismica e i terremoti potrebbero aver contribuito a provocare il fenomeno. Un’altra delle possibili cause potrebbe essere, invece, la costruzione di una centrale idroelettrica a meno di 20 chilometri di distanza dalle cascate: un impianto, attivo dal 2016, gestito da un’azienda cinese.
Chi ha ragione? Difficile stabilirlo, figuriamoci da qui. Sta di fatto che la voragine creatasi influenzerà pesantemente la conformazione della regione (il fiume ora si è diviso in tre corsi d’acqua più piccoli, ognuno dei quali ha dato origine ad altrettante, piccole cascate) con tutte le conseguenze del caso sulla fauna e la flora circostante.
Ebbene. Perché noi, a migliaia di chilometri di distanza, dovremmo interessarci della cascata di San Rafael? Semplicemente perché, se fosse confermato che la colpa dell’accaduto è della centrale idroelettrica, saremmo davanti, una volta di più ad un esempio di conflitto – remoto fin che si vuole, ma reale – fra le ragioni dell’economia e quelle del Creato.
Una sintesi impossibile quella tra il business e il rispetto dell’ambiente? No. Come ci ricorda papa Francesco nella Laudato si’, “tutto si tiene”: non c’è futuro economicamente sostenibile che non sia anche attento alle istanze della “casa comune”. Una strada tutta in salita, ma che sola può garantire una prospettiva di lungo periodo.
In questo tempo strano di “quarantena esistenziale”, nel quale ciascuno di noi sta rivedendo forse anche priorità e valori, oltre che orari e ritmi di vita, quella che arriva dall’Ecuador è una lezione che forse faremmo bene a cogliere.
GEROLAMO FAZZINI