Emozioni e politica al tempo della quarantena

Emozioni e politica al tempo della quarantena

Il 17 Marzo è uscito un sondaggio commissionato da #cartabianca (programma di Bianca Berlinguer che va in onda su Rai 3), durante il quale è stata analizzata la fiducia nei confronti del Presidente del Consiglio e degli altri leader politici.

Cosa ci aspetteremmo? Salire o scendere il consenso di Conte inversamente a quello dei leader dell’opposizione. È quello che in una fase normale accade: aumenta la fiducia verso il leader di sinistra, diminuisce quella del leader di destra.

E invece ecco la sorpresa: si alza il gradimento nei confronti di (quasi) tutti!

 

 

Il motivo è tendenzialmente semplice: ci sono delle conseguenze sociali e politiche delle reazioni emotive (quindi non necessariamente razionali) dei cittadini. Le persone non sono fredde macchine calcolatrici, né bestie succubi delle proprie passioni. Sono esseri umani, enti pensanti, sì, ma anche emotivi!

Nella fattispecie l’emozione dominante fra gli italiani è sicuramente la paura (e per fortuna direi, la paura serve a conservarci). La reazione fondamentale che ne consegue è la ricerca di riparo, cosa che politicamente si esprime nella fiducia nei confronti dei vari leader. Così come quando ci spaventiamo ci nascondiamo fra le mani o un bimbo si va a proteggere fra le braccia del padre, nella stessa maniera il popolo si affida di più al governante.

Non si tratta però dell’unico esito possibile: di fronte ad una crisi le reazioni possono essere molteplici. Se ci rifacciamo alle quattro emozioni fondamentali delineate dalla psicologia possiamo identificare altrettanti risultati:

  1. crisi + paura = obbedienza
  2. crisi + tristezza (pessimismo) = inedia
  3. crisi + rabbia = rivolta
  4. crisi + gioia (ottimismo) = azione, cambiamento

Cosa bisogna fare allora? Infondere positività, consapevolezza, solidarietà. Per questo identificherei tre passi fondamentali:

  1. coltivare la gratitudine: è la prima volta nella storia che possiamo affrontare un’epidemia senza che diventi un’ecatombe, che la medicina può aiutarci significativamente, che possiamo portare a casa molti lavori, che sappiamo che pregare a distanza è meglio che farlo assembrati in chiesa, etc.
  2. alimentare la speranza: il che non vuole dire affermare “vedrai che domani andrà meglio”, ma “vedi: oggi posso essere comunque migliore. La speranza non è l’attitudine a vedere con insulso entusiasmo il futuro, ma la virtù di chi sa che il presente può sempre essere un dono da vivere… donandolo!
  3. diffondere la responsabilità: c’è bisogno di estendere il desiderio di impegno che ciascuno può mettere perché questa situazione diventi una lezione importante. Ci vuole creatività fin d’ora per minimizzare i danni e riattivare percorsi virtuosi di crescita umana, professionale, sociale e politica.

#restiamoacasa si ma nel frattempo #damosedafa

 

Simone Budini