Finance and humanity

Finance and humanity

Uno dei temi su cui verterà “The Economy of Francesco” che si terrà a Marzo ad Assisi è potenzialmente un ossimoro per la società contemporanea: “Finance and Humanity”. Al netto della concretezza di alcune buone pratiche e dell’astrazione che si traduce in grandi espedienti retorici la Finanza, oggi, è percepita come qualcosa di estremamente distante dall’uomo. La Finanza, così come è vista dalla stragrande maggioranza delle persone, mirerebbe infatti al profitto, non all’uomo.

La stessa cultura Cristiana sembra essere distante da tale dimensione e nutrire una certa diffidenza nei confronti della ricchezza a cui strutturalmente la Finanza tende come suo obiettivo intrinseco. Ricordiamo il passaggio:

“È più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno di Dio” (Mc 10,25; Mt 19,24; Lc 18,25).

 

Se riflettiamo inoltre sulla biografia di Francesco D’Assisi potremmo reperire ulteriori segnali che sembrano andare in questa direzione:

“non sopportò indugi o esitazioni, non aspettò né fece parole; ma immediatamente, depose tutti i vestiti e li restituì al padre […] e si denudò totalmente davanti a tutti dicendo al padre: “Finora ho chiamato te, mio padre sulla terra; d’ora in poi posso dire con tutta sicurezza: Padre nostro che sei nei cieli, perché in lui ho riposto ogni mio tesoro e ho collocato tutta la mia fiducia e la mia speranza””.

 

Sono noti gli episodi in cui Francesco si spoglia dei propri beni, come quello in cui, inviato a Roma dal padre per vendere dei tessuti, si ritrovò invece a distribuire l’intero ricavato delle vendite ai meno abbienti ed infine scambiò le sue vesti con un mendicante mettendosi a sua volta a chiedere l’elemosina davanti a San Pietro.

Dobbiamo quindi trarre la conclusione che essere un buon cristiano implichi necessariamente abbandonare la dimensione della Finanza, del denaro, dei beni familiari?

Papa Francesco è forse inopportuno nell’inserire un tema come “Finanza e umanità” o nell’aver ritenuto che un cristiano possa e debba occuparsi anche di economia?

La risposta, come gran parte della cultura e letteratura Cattolica può confermare, è naturalmente no.

Il Cristianesimo ci invita a una riflessione critica rispetto all’economia e alla Finanza, ci ricorda che la Finanza, il denaro, la ricchezza, non sono un fine, ma un mezzo, un mezzo teso all’uomo che ha l’obiettivo non il denaro per il denaro, ma il denaro come mezzo per realizzare la vita in vista del progresso e quindi per il benessere della collettività.

Il Cristianesimo non si contrappone alla concezione del “mercato” dell’economia, ma ci invita ad affrontare la dimensione del business all’insegna della responsabilità e del Fair-play rispetto ai concorrenti. Responsabilità e Fair-play sono le categorie morali che soggiacciono come regole all’approccio al mercato di ogni buon cristiano che ambisce a ritenersi tale.

Il cristiano può e deve tendere ad affermare il proprio punto di vista rispetto alla dimensione economica portando a fattor comune la propria etica e i propri valori, sapendo che comunque è importante il confronto anche con altri punti di vista e che la diversità culturale costituisce una fonte e una opportunità.

Responsabilità, audacia, collaborazione e attenzione per il prossimo sono i valori che ogni cristiano può incarnare nel proprio lavoro quotidiano nell’ambito dell’economia tendendo alla dimensione di un nuovo umanesimo.

Solo attraverso un mutato punto di vista in ambito economico e nella riconnessione tra la dimensione finanziaria e quella etica sarà possibile perseguire gli obiettivi di sostenibilità ambientale e sociale che diventeranno sfide sempre più centrali nei prossimi anni.

 

Matteo Montagner