REDDITO DI CITTADINANZA: DA STRUMENTO ASSISTENZIALE A STRUMENTO SUSUSSIDIARIO

REDDITO DI CITTADINANZA: DA STRUMENTO ASSISTENZIALE A STRUMENTO SUSUSSIDIARIO

L’avvenuta possibilità di presentare domanda di rinnovo per il Reddito di Cittadinanza dal 1 Ottobre 2020 ci motiva a ripensare questo strumento istituito nel 2019 che, come recita l’art. 1 del relativo provvedimento legislativo, è stato adottato “quale misura unica di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, a garanzia del diritto al lavoro, nonché a favorire il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione, alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro”.

Il problema di fondo è che questa misura, che ha preso il via ad aprile dello scorso anno, non funziona.

Se da un lato è stato uno strumento che ha parzialmente risposto all’esigenza di dare sostegno alle persone in difficoltà economica, e quindi di contrasto alla povertà, dall’altro ha evidenziato la totale scarsità di risultati prodotti sul fronte del lavoro.

Inoltre in questo periodo di applicazione purtroppo sono emersi numerosi esempi di assegnazione del beneficio a soggetti non aventi diritto.

I numeri forniti dall’INPS mostrano una certa efficacia del Reddito di Cittadinanza per quel che riguarda il sostegno ai soggetti che versano in condizioni economiche disagiate, ma, per contro, evidenziano anche il fallimento delle politiche attive per il lavoro.

Infatti dai dati INPS risulta che i nuclei familiari percettori sono in totale 1.327.888, in aumento del 25% rispetto a gennaio, per un importo medio mensile di 563,04 euro. Il dato complessivo dei beneficiari è di 2.977.331, tra cittadini italiani, comunitari ed extracomunitari con regolare permesso di soggiorno. Le Regioni con il maggior numero di beneficiari sono la Campania (248.565 nuclei familiari), seguita dalla Sicilia (218.052), dal Lazio (111.704) e dalla Puglia (110.128). A queste quattro Regioni appartengono circa il 58% dei percettori.

Per quanto riguarda invece la parte legata alle politiche attive per il lavoro le offerte di lavoro totali sono state ad oggi 220.000 con 196.000 persone che hanno trovato occupazione, ma non è specificato se tali risultati, sostanzialmente modesti, siano stati ottenuti per il solo tramite del sistema dei Centri per l’Impiego e dei Navigator o per iniziativa dei disoccupati stessi, e se i lavori offerti siano in maggioranza stabili o piuttosto precari e di breve durata.

E’ quindi evidente che è necessaria una revisione del Reddito di Cittadinanza con l’obiettivo di migliorarlo e renderlo sempre più efficace non solo come strumento di lotta alla povertà, ma anche quale fattore di adeguate politiche attive del lavoro.

In primo luogo bisogna puntare a rendere più snello l’aspetto burocratico con la semplificazione dei requisiti e il conseguente allargamento della platea dei potenziali beneficiari, in particolare allentando i requisiti patrimoniali in modo tale da raggiungere realmente i più bisognosi, ossia le famiglie più povere per le quali il Reddito di Cittadinanza risulta essere vitale.

In una situazione che si prospetta di crisi economica per i prossimi anni prima della sperata ripresa e di un potenziale ampliamento della platea dei beneficiari, si prospetta un ulteriore aumento delle risorse a disposizione del Reddito di Cittadinanza, ma questa appare una soluzione poco percorribile visti gli ingenti stanziamenti già destinati alla misura, o, in alternativa, si tratterebbe di rimodulare l’importo base e i criteri di erogazione in modo da incentivare maggiormente la ricerca del lavoro e la convenienza degli imprenditori ad assumere.

E’ altresì necessario introdurre, anche in tema di Reddito di Cittadinanza, politiche in favore della famiglia come quella di modificare l’attuale scala di equivalenza che penalizza le famiglie più numerose.

Un altro intervento per migliorare il Reddito di Cittadinanza è relativo ad un rafforzamento dei controlli per evitare che il sussidio sia assegnato a soggetti che non ne avrebbero diritto.

Le possibili modifiche nel settore dell’assistenza possono essere quindi le seguenti:

  • Coordinare gli interventi assistenziali coinvolgendo in misura maggiore gli Enti locali come i Comuni in modo tale da rendere più capillare l’accertamento della situazione delle persone disagiate;
  • Considerare maggiormente la situazione della famiglia modificando la scala di equivalenza in funzione del nucleo familiare, che attualmente è sbilanciata verso i single e a sfavore delle famiglie;
  • Valutare anche il costo della vita in base alle differenze territoriali.

I numeri evidenziano quindi che il “punto debole” del Reddito di Cittadinanza è proprio la capacità di agire sul fronte di inserire le persone nel mondo del lavoro.

Pertanto sono necessari degli interventi per superare il problema che presenta il Reddito di Cittadinanza per quanto riguarda le politiche attive per il lavoro come unico strumento che ha il compito di combattere sia la povertà che di trovare un lavoro alle persone integrando i redditi bassi.

Servono nuovi strumenti per le politiche attive e bisogna considerare anche la possibilità di separare gli interventi legati alle politiche attive per il lavoro da quelli di carattere assistenziale per non sprecare le ingenti risorse finanziarie assegnate.

In particolare il Reddito di Cittadinanza con i “Navigator” e tutto il sistema imperniato su di loro non ha raggiunto lo scopo di risolvere le problematiche della disoccupazione se non quello di limitarsi a creare i posti di lavoro per gli stessi navigator. L’intervento riferendosi ai Centri per l’Impiego, che già di per sé funzionavano con difficoltà evidenziando notevoli criticità, e che, nonostante gli annunciati propositi, non sono stati ristrutturati, non poteva che risultare inefficace.

Per le politiche attive servono altri strumenti come l’assegno di ricollocazione, ripensare e ristrutturare il sistema di formazione professionale di qualità che deve diventare l’asse portante su cui puntare in modo massivo.

Bisogna anche sostenere i lavoratori con basso reddito (i cosiddetti working poor) in modo tale da creare incentivi al lavoro e neutralizzare l’effetto negativo del Reddito di Cittadinanza che scoraggia i percettori ad accettare lavori che possano incrementare il loro reddito.

In conclusione, in un momento di grande difficoltà che sta attraversando il Paese a causa della pandemia di Covid-19 e della conseguente crisi economica, diventa vitale spendere in modo efficace le risorse come quelle stanziate per il Reddito di Cittadinanza che non possiamo assolutamente permetterci di sprecare.

Come scrive Papa Francesco in una sua Enciclica:

“Aiutare i poveri con il denaro dev’essere un rimedio provvisorio per fare fronte delle emergenze. Il vero obiettivo dovrebbe sempre essere di consentire loro una vita degna mediante il lavoro”.