La crescita sostenibile quale rimedio alla stagnazione

La crescita sostenibile quale rimedio alla stagnazione

Come sostenuto dai dati di Banca d’Italia, la malattia dell’Italia da 25 anni è la perdita di capacità di svilupparsi economicamente. Nell’ultimo quarto di secolo i paesi dell’area OCSE hanno registrato uno sviluppo del 50% mentre contro il 10% dell’Italia: siamo in stagnazione.

Dove sta il problema?
Tra le cause vi è senz’altro l’eccesso di austerità che ha rallentato l’uscita dalla crisi, come anche il basso livello di investimenti e di consumi interni. Ma il vero problema consiste nell’offerta, ovvero nella capacità delle imprese di accrescere la propria produttività. Vanno quindi studiate le imprese e la società che ci sta attorno.

A tal proposito, un indicatore utile è il Pil procapite: negli ultimi 20 anni la crescita media dei paesi dell’area OCSE è stata dello 1% per anno mentre l’Italia è crescita dello 0.1% per anno.
Se si scompone la produttività in capitale, lavoro e produttività totale dei fattori (ovvero la capacità di mettere assieme capitale e lavoro che non è niente altro che la tecnologia!) ci si accorge che è proprio su questo terzo fattore che si è generato il gap tra paesi dell’area OCSE e Italia.

Sempre confrontando le imprese italiane con quelle dei paesi dell’area OCSE emerge che mediamente le imprese italiane sono più piccole e familiari (e spesso “familiste”).
Un’azienda piccola e familiare non riesce a cavalcare il cambiamento delle nuove tecnologie e della globalizzazione (maggiori scambi). Ciò comporta una perdita di competitività rispetto alle altre imprese: queste imprese quindi rimangono sedute mentre le altre corrono e creano valore.

Ma perché e le imprese italiane rimangono piccole e sedute?
In parte ciò è dovuto dal fatto che non vi sono incentivi ad aprire il capitale a terzi. Ma dall’altra bisogna che l’ecosistema accompagni le imprese a crescere rapidamente: quindi riforme strutturali quali un nuovo ordinamento giuridico (quello attuale che è ostile al mercato) e il sistema educativo, in particolare quello universitario (per altro l’Italia ha un tasso di laureati notevolmente inferiore rispetto alla media dei paesi dell’area OCSE). Qui entra in pieno il ruolo della politica.

Ciò detto, ce la caveremo?
Si, perché l’Italia non è un paese povero e arretrato come la Grecia. Siamo già sviluppati e pieni di talenti e capacità. Possiamo uscire da questa stagnazione se solo almeno in parte la società funziona. E quindi diamo alle imprese e agli imprenditori gli incentivi giusti per crescere.

Come devono crescere le imprese? In modo sostenibile.

A proposito di crescita sostenibile, il report 2018 della Fondazione Symbola fa riferimento alle “imprese coesive” ovvero quelle imprese che crescono in modo sostenibile anche nei confronti del territorio. C’è correlazione tra produttività, competitività e coesività delle imprese.
L’impresa “coesiva” produce di più e meglio, i lavoratori sono più felici, il territorio sta meglio.